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L’approccio dell’autore nello sviluppare la tematica di questo libro, e cioè l’aspetto della fragilità della fede come sostegno ideologico per affrontare le difficoltà quotidiane, è stato totalmente  casuale e imprevisto, a seguito del rinvenimento in Valtellina di un mappamondo dalla curiosa datazione.

Lo scritto si è evoluto di pari passo alla percezione ed alla conoscenza maturata degli accadimenti storici da parte di chi scrive, quindi senza alcuna architettura editoriale, ma col solo scopo di raccogliere una serie di emozioni e considerazioni derivanti da una osservazione analitica della storia contemporanea e passata, al fine di renderle condivisibili a quante più persone  possibile.

L’autore è il primo a sostenere che nulla scopre di nuovo, ma la domanda che si pone è: quanti effettivamente ne sono al corrente, e quante opinioni si sono formate nella ignoranza di tanti accadimenti sfuggiti ai più?

O meglio, quanti al di fuori di una élite intellettuale, sono al corrente di accadimenti che, se divulgati (cioè resi di pubblico dominio) potrebbero influenzare il ricorso concettuale alla fede  in maniera completamente diversa da quanto sempre è avvenuto?

“La fede è fiducia nelle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono” (San Paolo).

Conseguentemente alla precedente domanda, lo scrittore assume un atteggiamento letterario e strutturale che giustifica la semplicità espositiva e la spontaneità organica del libro.

Con questo scritto, infatti, l’autore sottende l’intima ambizione che un’ampia diffusione delle argomentazione esposte, vero scopo del libro, possa avvenire soltanto rendendone meno élitaria la lettura, e dunque la conoscenza di alcune circostanze nella storia sociale dell’uomo, per semplificare la comprensione e la percezione delle tematiche trattate.

Molti storceranno il naso di fronte ad uno stile estremamente confidenziale e goliardico in alcune fasi, eccessivamente semplice e con intermezzi figurativi del nulla, ma come più spesso dovrebbe essere, i contenuti sono privilegiati rispetto alla forma.

Alcune ricostruzioni storiche, teologiche, ed alcune considerazioni concettuali sono esposte in maniera molto elementare, a volte superficiale, ma mai senza un fondamento di realtà, esponendo l’autore alla critica di sofisti e veri e propri studiosi della materia.

Non per questo non deve poter passare il contenuto sostanziale che sottende un disegno divulgativo di un atteggiamento mentale che vuole farsi promotore dell’opinione a discapito della fede.

Un altro aspetto che si vuole chiarire da subito, poiché vedrà elevare certamente delle critiche, è che l’aspetto religioso appare predominante solo verso chi vuole che lo sia, perché il vero imputato di questa analisi è la fede in senso lato.

Più esplicitamente, si intende elevare la fede religiosa al pari di un atteggiamento superstizioso (definito empiricamente Wannamarchismo), motivandone l’asserzione, e promuovendo di conseguenza un individuale atteggiamento culturale critico e profondo quale alternativa costruttiva per affrontare la quotidianità, fatta di difficoltà, convivenze, interazioni, regole politiche ed economiche.

Si incontra nel libro un forte riferimento critico alle religioni monoteiste, ciò può indurre a pensare che questo sia soltanto un libro contro le istituzioni religiose.

La realtà è che la maggiore espressione di fede la si incontra nelle religioni, e l’autore intende, con questo delicato ed impopolare passaggio, teorizzare la inconsistenza delle fedi in senso assoluto, colpendo anche le manifestazioni di esse più resistenti (quelle religiose monoteiste appunto, che, a differenza del politeismo, hanno nella propria ragione di esistere la necessità del primato sulla diversità).

Per lo stesso motivo, essendo rivolto ad un pubblico italiano, il libro può apparire ai più disattenti un attacco esclusivamente rivolto alla religione Cristiana.

In parte lo è, ma solo perché la Chiesa risulta essere impregnante l’equilibrio sociale della nostra società e causa di diverse forme di intolleranza e stigmatizzazione.

Poiché c’è una forte diversità nel disconoscere la fede verso le superstizioni rispetto alla fede religiosa, mentre  screditare il wannamarchismo non produce effetti sociali se non limitati a sacche d’utenti limitate, screditare la fede religiosa produce un fondamentale passo verso un equilibrio sociale che si fonda sulla ragione e sulla tolleranza, anziché sul pregiudizio e sulla stigmatizzazione.

Si può dire che sia la fede religiosa sia la fede nelle superstizioni sono fondamentalsmi della mente, o inganni perpetrati ai danni delle nostre intelligenze, soprattutto alla luce di quanto la storia oggi ci consegna.

Quindi, l’opinione in nome di esse formulate è parziale, intollerante e generante intolleranza  per la diversità.

In qualsiasi caso, attraverso i contenuti di questo libro non si intende negare la libertà di ricorrere a qualunque forma di fede, religiosa o di superstizione, ma solo invocare il diritto per chi non crede di avere gli stessi privilegi sociali di chi crede, e cioè nessun privilegio.

L’autore intende promuovere una parificazione sociale della fede religiosa a qualunque altra manifestazione di credo scaramantico, e conseguentemente una maggiore tolleranza della diversità d’opinione.

Si dice che il buon storico non dovrebbe mai dimenticarsi che tutto ciò che scriverà o dirà non potrà mai cambiare ciò che è stato.

E’ altrettanto vero che “soltanto conoscendo il passato impariamo a conoscere il presente” (O. Wilde).

Ebbene, chi scrive non ambisce certo ad essere riconosciuto come storico, così come non detiene ambizioni in merito ad essere un saggista od un letterato.

Il suo unico intendimento, comunicando delle percezioni ed emozioni, è di poter ambire ad un sano ottimismo sociale, per confidare che il domani per la nostra società  sia ben diverso dall’oggi e dallo ieri!

E affinché questo possa avvenire, necessitano informate opinioni e  non credi inopinati.

Chi scrive, non pensa che il cristiano, o il credente, o l’attivista politico, o il consumatore, creda in funzione ad una disfunzione del pensiero; crede vivamente, e pensa di averlo motivato in questo scritto, che la disfunzione del suo pensiero e del suo agire sia determinata da chi divulga le fonti sulle quali una persona fonda il proprio pensiero ed opinione.

E’ ben diverso…

Ed alla fine di questa lettura, forse più di un lettore ne converrà.

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